Pop Ten

2010

Amo le persone che sono all’altezza di ciò che creano. Quasi sempre il prodotto, l’arte e la creazione non corrispondono all’idea che ti fai degli autori. Così ti senti ingannato, quasi defraudato. E’ per questo che esiste il detto: “Se hai un idolo, non incontrarlo: ti deluderebbe”. Così ho incontrato musicisti che mi hanno fatto rimpiangere di aver amato i loro brani, autori di testi che mi avevano emozionato, mentre loro mi sembravano gretti e miseri. E tutte le volte mi chiedevo: “Ma come può succedere? Come può questa persona aver creato qualcosa di così bello?1?” Così, per cercare di ricreare le emozioni nell’ascolto, dovevo dimenticarmi degli autori, come persone. Ma ormai il danno era stato fatto e la magia non si ripeteva. Improvvisamente vi vedevo musicista che come artista. Perché quando suona si muove esattamente come la musica che fa uscire dallo strumento e quando dipinge è lui stesso un personaggio appena uscito dal suo quadro. Amo i colori e lui li usa fluorescenti. Sono gli stessi con cui si dipinge gli occhi o i capelli. 

Fin da piccolo ho sognato, immerso nel mondo dei fumetti. I quadri di Andy sono storie sintetizzate in uno scatto fotografico. Mostrano un mondo magico, dove ogni personaggio o cosa sembrano congelati nell’attimo in cui stanno Bowie, i tratti glaciali dei Kraftwerk, la teatralità di Gavin Friday e dei suoi Virgin Prunes, il mondo fanciullesco di Fiorucci, l’elettronica degli Ultravox di John Foxx. Ma soprattutto, nei quadri, vedi Andy in tutta la sua semplice ed onesta linearità.

Il grande pittore William Congon mi disse: “Io sono il quadro, il quadro fa me”. Raramente avviene questo. I quadri di Andy fanno Andy.

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